La Chiesa di S. Pietro, nella centrale Piazza Libertà, a pochi passi dalla Crocetta spagnola del 1694, è l’edificio artisticamente più conosciuto di Gallarate. Pur ampiamente rimaneggiata nei secoli, la chiesa conserva sostanzialmente la struttura originaria di stile romanico, con successivi elementi gotici. Non esistono documenti sicuri sulle sue origini, che si fanno risalire ai secoli XI-XII, per mano dei Maestri Comacini. Il primo documento certo riguardante S. Pietro, è un atto del 1364, relativo ad un lascito di Menolo de Meno, in cui si identifica un esponente dei Lomeno, nobile famiglia vassalla dei Visconti.
Pochi anni dopo, gli stessi Lomeno ottennero da Gian Galeazzo Visconti il patronato sulla chiesa, segnandone così, dall’inizio del secolo successivo, il declino religioso ed artistico con la trasformazione in fortilizio con tanto di merlature e camminamenti di ronda. Venne anche utilizzata come arengo per le riunioni del popolo e poi fu destinata ad usi profani, come falegnameria e macelleria.
Nel 1570, S. Carlo Borromeo, su segnalazione del suo delegato Padre Leonetto Clivone, ordinò che l’edificio fosse restituito alla destinazione originaria. I Lomeno dovettero adeguarsi all’ordine arcivescovile, ma solo nel 1626 ripararono allo scempio delle devastazioni precedenti, secondo i canoni architettonici del tempo, cioè integrando con il barocco ciò che era stato distrutto del primitivo impianto romanico.
Nel 1864 è dichiarata Monumento Nazionale.
Dal 1897 al 1910, per iniziativa della Società Gallaratese per gli Studi Patri, su progetto dell’arch. Gaetano Moretti si seguirono lavori di restauro atti a riportare, per quanto possibile, la chiesa allo stile originario. Il ciclo decorativo venne affidato al pittore Emesto Rusca e alla sua scuola. La demolizione delle casupole addossate al tempio fu iniziata in quell’epoca e proseguita negli anni Cinquanta. Le sostanziali innovazioni di inizio secolo portarono ad una nuova consacrazione il 27 ottobre 1911 da parte del Cardinal Ferrari. Negli anni Sessanta, sempre a cura della suddetta Società, vennero effettuati scavi, nella zona absidale, portando alla luce diverse tombe con alcuni oggetti di corredo funebre, ora conservati presso il Museo della Società Gallaratese per gli Studi Patri. La chiesa, così come si presenta attualmente, è frutto dei restauri effettua negli anni Ottanta dall’arch. Francesco Moglia.
Visita della chiesa
La chiesa, orientata ad est, è a pianta rettangolare ad unica navata, chiusa da un’abside semicircolare. La facciata si presenta a capanna a due ordini, scandita da una loggia cieca di archetti a tutto sesto intrecciati. Il portale (1) è spostato alla destra dell’asse e nella lunetta a mosaico, datata 1920, sono raffigurati i Santi Pietro e Paolo, opera di Angelo Gianusi. Due finestrelle gotiche romboidali interrompono la fuga delle colonnine. Sopra ancora, al centro, si trova un finestrone circolare.
Sul contrafforte di destra (2) è scolpita nella pietra una tozza figura di donna. Il fianco sud, tripartito, rivolto verso Piazza Libertà, è percorso dal loggiato di archetti a sesto acuto intrecciati, poggiante su colonnine. La prima campata (3) risulta essere l’unica parte della chiesa che non ha mai subito rimaneggiamenti durante i vari lavori di restauro. I capitelli presentano motivi istoriati e zoomorfi. Altri elementi decorati; dalle forme raffinate sono inseriti a diversi livelli della facciata. Una piccola porta dà accesso all’interno della chiesa.
L’abside (4), ricostruito sul perimetro originale, presenta tre piccole finestrelle a feritoia. Il fianco nord, privo di aperture, è tripartito da pesanti contrafforti.
L’interno è ad unica navata con capriate in legno a vista. Sono evidenti i frutti dell’ultimo restauro.
All’ingresso, un capitello corinzio (5) di epoca romana, con decorazioni di foglie d’acanto, posato su un basamento moderno, contiene un’acquasantiera in rame sbalzato. È stato posto in loco dalla Società Gallaratese per gli Studi Patri negli anni Sessanta e fu trovato durante i lavori di scavo, promossi dallo stesso ente, nel cortile del Parroco di Armate.
Il pavimento in cotto ha sostituito il vecchio pavimento con mosaico alla veneziana. Sulle pareti, buona parte degli affreschi del Rusca e dei suoi allievi, a causa dell’umidità sono andati perduti e sono stati sostituiti con una tinta neutra.
Il progetto decorativo originario prevedeva un drappeggio alla base, ispirato al Rusca dalle antiche tappezzerie che adornavano la navata. In controfacciata, ad un’altezza superiore rispetto alla finestra di destra, è presente una piccola edicola a tabernacolo (6), che veniva utilizzata per riporre l’Eucarestia quando, nella chiesa trasformata in fortino, si continuava a celebrare la Messa. Sulla parete di sinistra è collocata una tavola (7), copia della Vergine di Czestochowa, donata dall’allora Arcivescovo di Cracovia, Mons. Carol Wojtyla, ai pellegrini guidati da Mons. Lodovico Gianazza. Il presbiterio è elevato di tre gradini sopra il piano della navata ed è chiuso da due raffinatissime balaustre (8) barocche in marmi policromi, dove il motivo “a rocaille” troneggia al centro. L’altare barocco (9) si presenta nella più consueta tipologia a tempietto; è sormontato da angeli recanti i simboli della passione, con due altri bianchi angeli adoranti ai lati. Il Crocefisso sostituisce quello più antico, restaurato nel 1910, che la tradizione popolare riteneva miracoloso poiché portato in processione da S. Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale del 1570.
Nell’altare sono custodite, dal 1911, le reliquie dei Santi Onorato e Fortunato. Inseriti nei muri laterali, durante i lavori di restauro dei primi del ‘900, sono i due portali di accesso al coro (10-11) che erano addossati all’altare.
Il catino dell’abside (12), con la decorazione pittorica in affresco a finto mosaico, opera del Rusca e suoi allievi, raffigura il Buon Pastore.