In bicicletta o a piedi (per i più allenati!) alla scoperta di luoghi legati alla storia del Ticino e alle sue specificità naturali e storiche
Un percorso lento, accompagnato dallo scorrere del Fiume Azzurro, è quello che vi porterà a scoprire un territorio dove l’energia del Ticino è vitale per l’ecosistema ambientale e per l’industria. Partendo dalla diga del Panperduto, si scoprirà l’incanto dell’acqua e la complessità del suo scorrere grazie alle opere di derivazione e canalizzazione.
Il Villoresi e il Canale Industriale, rispettivamente dedicati all’irrigazione e alla produzione di energia elettrica, si suddividono le acqua del fiume azzurro grazie ad uno snodo idraulico fra i più importanti in Lombardia. La presenza dell’acqua e le opere intorno alla diga che risalgono alla fine dell’Ottocento, furono propedeutiche alla fertilità e allo sviluppo del territorio. Accanto al complesso della diga vi soffermerete ad osservare il giardino dei giochi d’acqua, uno spazio apprezzato soprattutto dai più piccoli, dove “bagnarsi le mani” con le installazioni che mostrano il movimento e la potenza dell’acqua.

Prima di lasciare il Panperduto non può mancare una visita al Museo delle Acque Italo-Svizzere, nella cui sala polifunzionale potrà capitarvi di assistere ad una mostra. Non dimenticate di guardare a terra: sul pavimento, infatti, è riprodotta una mappa in scala 1:1.500 del territorio che da Sesto Calende conduce fino a Vizzola. Uno sguardo alla complessità del bacino idraulico di cui la diga fa parte, per scoprire l’origine e la storia di questo gioiello di ingegneria idraulica.
Camminando o pedalando lungo il Ticino in direzione Sesto Calende passerete accanto ad un’altra centrale elettrica, quella di Porto della Torre, opera di metà ‘900 dell’architetto Giò Ponti e proseguendo lungo la strada che costeggia il Ticino, risalendolo verso il lago vi troverete dinnanzi all’ultimo sbarramento la diga della Miorina, che regola il livello delle acque del Lago Maggiore.

Poco più avanti passerete sotto il ponte dell’autostrada: è proprio da qui che si può intraprendere l’ultima tappa di questo tragitto. Entrando nei boschi di Golasecca, al confine col territorio di Sesto Calende, passeggiando fra querce, castagni, sambuchi e biancospini, per visitare i resti della civiltà Golasecchese, nella necropoli protostorica del Monsorino.
La zona possiede una notevole rilevanza archeologica poiché rappresenta l’unica testimonianza monumentale della “Cultura di Golasecca”, che si sviluppò e prosperò proprio grazie alla vicinanza del fiume Ticino. Nel terreno sono state, infatti, rinvenute urne cinerarie e corredi funerari oltre ad alcuni Cromlech, strutture tombali circolari tipiche dell’età del Ferro, che gli studiosi hanno datato tra l’VIII e il VII secolo avanti Cristo. Molti dei reperti rinvenuti nell’area del Monsorino sono oggi conservati al Museo Civico di Sesto Calende e al Castello Sforzesco di Milano.
L’articolo è stato pubblicato sul numero di Giugno Luglio 2017 di VareseMese